Last Updated on 24 Maggio 2014 by Marco Gregorin

Certificazione del personale addetto ai controlli non distruttivi.

Evoluzione storica della qualifica e significato attuale della certificazione.

Nelle aziende industriali del settore metalmeccanico, una delle attività più importanti riguardanti sia la costruzione di apparecchiature a pressione, che di tubazioni, come pure di componenti di aeromobili, è quella relativa ai controlli non distruttivi, che, per quanto riguarda la “qualità”, vengono definiti come “processi speciali”, ed oltre alle registrazioni come “lastre” e diagrammi, la loro evidenza è data dai rapporti che vengono preparati dagli operatori addetti alla loro esecuzione. Questi operatori devono pertanto essere in grado di valutare il controllo eseguito, sulla base della loro competenza ed esperienza e sulla conoscenza sia dei metodi di indagine che dei materiali sottoposti a controllo.

Il mercato iniziò in modo massiccio a richiedere la presenza in azienda di operatori di Cnd nel corso degli anni 60, quando anche il nostro paese era al centro del boom economico e molte aziende si dedicarono alla costruzione di recipienti o parti a pressione. Tra esse grandi fabbriche come Breda, Franco Tosi, Falck, Belleli ed ATB, ma anche molteplici piccole e medie aziende, coinvolte nel processo produttivo.

asntLe aziende investivano sui nuovi strumenti necessari per l’esecuzione dei Cnd e nella formazione del personale addetto. Proprio nel corso del 1966 veniva emessa, da parte della statunitense ASNT, una norma che indicava come qualificare e certificare gli operatori addetti ai CND, laRecommended Practice SNT – TC – 1A, che da quella prima emissione è stata successivamente revisionata ed ampliata fino all’uscita dell’edizione 2011.

Anche la clientela delle aziende italiane iniziò a richiedere ai costruttori che gli operatori Cnd non fossero soltanto degli “esperti”, ma che possedessero la necessaria qualifica. Chi era responsabile della valutazione di una saldatura o della conformità di un materiale doveva pertanto possedere il “pezzo di carta” che ne attestava la qualifica.

Alla nascita, i sistemi di certificazione erano quindi a carattere aziendale e seguirono le linee guida della SNT–TC–1A; successivamente, anche gli enti nazionali di controllo entrano in campo e procedono alla elaborazione di norme specifiche che poi confluiranno nella normativa europea denominata EN 473, che è stata poi sostituita dalla ISO 9712. In entrambe, un elemento di isodiversità rispetto alla SNT – TC – 1A, è dato dalla introduzione di “enti indipendenti” addetti all’emissione della certificazione degli operatori.

L’intento principale di questa operazione era quello di procedere ad una “armonizzazione” dei metodi di certificazione esistenti sul mercato, ma in realtà questo non è avvenuto perché vari settori produttivi operano con diversi sistemi di certificazione, ognuno caratterizzato sia da aspetti negativi che da spetti positivi. Uno dei settori che usa certificazioni specifiche è ad esempio quello delle costruzioni aeronautiche, e negli ultimi tempi anche le aziende che operano nel campo della manutenzione ferroviaria stanno utilizzando dei metodi specifici di certificazione.

uniNel nostro paese oggi la qualifica e la certificazione del personale addetto ai Cnd sono gestite dal RINA,  CICPnd e Istituto Italiano della Saldatura, e altri di nuova costituzione. Tutti questi sono riconosciuti come “Enti autorizzati” ed operano in accordo alla normativa ISO 9712. I livelli di qualifica previsti sono 3 che si diversificano in base alle esperienze, alle competenze ed alle mansioni degli operatori.

Il valore della certificazione non si deve però esaurire con la semplice partecipazione degli addetti ai Cnd ad un corso, o con il superamento di un esame, in quanto i controlli non distruttivi sono usati dalle aziende per poter assicurare alla clientela la qualità e l’affidabilità dei prodotti realizzati e per escludere la possibilità di rotture durante la vita del manufatto. In effetti molte aziende tendono ad avere al proprio interno oltre a personale di livello I, solo personale di livello II, perchè quest’ultimo è abilitato, in base alla certificazione, a firmare i certificati dei vari controlli non distruttivi, e nelle aziende più grandi un Livello III, che ha le capacità di sviluppare e/o approvare le varie procedure di controllo, oltre che di scegliere i metodi di prova applicabili, di interpretare i risultati e dare loro la giusta valutazione sulla base dei codici applicabili, oltre a poter procedere alla formazione ed all’esame degli operatori dei livelli I e II. Il livello III ha inoltre sufficienti basi di conoscenza riguardo alla produzione dei materiali base ed agli altri metodi di controllo non distruttivo.

Naturalmente la presenza sul mercato del lavoro di un numero così ampio di enti di certificazione potrebbe far pensare ad una maggiore facilità nel sostenere gli esami ed ottenerei relativi livelli, ed è perciò importante che gli operatori acquisiscano una sufficiente conoscenza ed esperienza di base e che anche dopo l’ottenimento della qualifica queste esperienze siano continuate nel tempo, perchè grazie alla pratica non si perdono le competenze acquisite.

In effetti la possibilità di seguire un corso e di sostenere l’esame di qualifica presso un numero così ampio di enti autorizzati, produce una certa confusione ed analizzando le competenze vere e proprie di operatori qualificati da enti diversi, si riscontrano evidenti diseguaglianze, che alla fine hanno l’effetto di far perdere la fiducia verso la certificazione stessa.

Un aspetto positivo per le aziende è invece quello della concorrenza, che porta ad un generale abbassamento dei prezzi sia dei corsi che degli esami. Certo l’argomento in discussione è abbastanza difficile da esaminare compiutamente, e tutti gli enti di certificazioni sono legalmente autorizzati ad emettere le stesse, anche se non tutte a fronte dello stesso “pezzo di carta”, assicurano le stesse competenze da parte dell’operatore.

La certificazione sarà tanto più importante quanto più si affiancherà ad una conoscenza da parte dell’operatore di tutte le parti del processo produttivo, dei materiali che vengono impiegati, dell’uso che sarà fatto del prodotto controllato e delle metodologie di prova, oltre cha dalla sensibilità di applicare ad ogni prodotto il giusto grado di difettosità ammissibile. Una conoscenza che deve essere raggiunta oltre che con i corsi, con tanta esperienza sul campo, e continuamente implementata, visto che nel campo dell’industria metalmeccanica si assiste continuamente all’inserimento di nuovi materiali e di nuove tecniche costruttive, oltre che di strumenti di controllo sempre più sofisticati.